Alessandro Bertini è nato il 26 Dicembre del 2002 ed ha iniziato a giocare a basket nei Lions, quando aveva 13 anni.
Raccontarvi delle sue qualità, di come sul campo sappia fare tutto a livelli altissimi, di quanto sia intelligente ed elegante nel gioco, di quanto tiri bene, salti o schiacci, farebbe sicuramente felice il nostro Pres, ma sarebbe banale e troppo facile.
Proviamo allora a raccontarvi un percorso, così come realmente è stato.
Quando è arrivato ai Lions, Alessandro proveniva dal tennis e non aveva mai fatto minibasket, ma già al primo allenamento è stato lampante il suo talento eccezionale, nel senso letterale di eccezione: “caso che esce dalla regola comune, che si distingue dalle altre cose analoghe”.
Non un talento in relazione alla squadra Under 14 di quell’anno, o ai Lions, o al livello medio che siamo abituati a vedere nei nostri campionati provinciali, ma un talento con tutte le carte in regola per diventare un vero giocatore di basket.
Di apparenza normale, magrolino e piccoletto, era però dotato di tutte le migliori basi motorie e aveva una tipologia di fisico, in prospettiva di sviluppo, fatta per la pallacanestro. Portava dentro di sè un’innata ed incredibile dote tecnica, nella morbidezza con cui prendeva in mano i suoi primi palloni e nella meccanica naturale con cui li tirava a canestro, nel modo di assumere del tutto spontaneamente movenze e posizioni cestistiche “da manuale”. E prima ancora di tutto questo, mostrava una clamorosa propensione all’apprendimento motorio e una capacità del tutto fuori dal comune nel comprendere il gioco, pur non sapendo praticamente che gioco fosse.
E in partita? Con tutte queste premesse, chiaramente era ragazzino prodigio che nelle giovanili faceva sfracelli e 30 punti a gara! No, non era così.
Sicuramente risultava tra i migliori della squadra, ma non da spaccare in due le partite; sicuramente aveva una marcia in più di tanti compagni, ma non da risultare decisivo o imprescindibile; si vedeva in lui il campione del futuro, ma al momento non dominava e come tutti i suoi coetanei commetteva errori, sbagliava conclusioni anche facili, pasticciava con la palla, faceva passi e non troppi canestri.
Ma quel talento era dentro di lui e Alessandro non si è mai accontentato di possederlo: ha iniziato a coltivarlo, come volesse spremerne fino all’ultima goccia; dapprima semplicemente giocando giocando e ancora giocando, sulle ali dalla pura passione per la palla a spicchi, senza un progetto preciso nella testa, poi lavorandoci in maniera più mirata, aggiungendo man mano crescente coscienza e consapevolezza.
Ma andiamo con ordine.
Già alla sua seconda stagione cestistica è approdato alla Leonessa, con cui ha disputato tutte le categorie giovanili fino all’Under 18 Eccellenza. Nonostante le doti, non si è trattato di una passeggiata: il suo talento non è esploso subito, non ha avuto vita facile né tappeti stesi ai suoi piedi; le sue qualità e la sua voglia erano apprezzate, ma non ha mai iniziato la stagione da “favorito”, ha fatto tanta tantissima panchina, ha avuto poi spazio senza però essere protagonista, è stato cazziato e panchinato a volontà fino a stagioni molto recenti. L’aspetto che l’ha distinto e che l’ha portato dov’è ora è che in tutto questo non si è mai lamentato, non ha mai risposto, non si è mai dimostrato permaloso, ma ha fatto sempre e soltanto una cosa: allenarsi, allenarsi, allenarsi. Con la sua squadra prima di tutto, ascoltando e lavorando in silenzio senza mai perdersi un allenamento, ma non solo: affamato di basket, ha sempre
aggiunto allenamenti extra individuali, cestistici prima e anche fisici poi, ore di campetto, decine di scarpe consumate. Perchè il talento di sicuro fa la sua grossa parte e non lo si può certo comprare, ma da solo non basta. Basta per accontentarsi, per arrivare fino a un certo punto, per costruirsi magari anche una buona carriera in qualche categoria regionale. Oltre no. E così Alessandro ha consolidato col lavoro e con la passione le sue doti, aggiungendo ogni giorno qualcosa in più al suo bagaglio, restando sempre in fase di crescita, graduale ma costante; senza un fragorosa e improvvisa esplosione ma gradino dopo gradino, è di fatto diventato al suo secondo anno di Under 18 un giocatore faro e punto di riferimento della sua squadra, in grado di mettere in campo qualcosa di speciale. Uno che vedi e pensi “questo è pronto, qui c’è un giocatore di basket”.
Verso la metà di questo percorso nelle giovanili, c’è stato un giorno in cui Alessandro, seduto a terra per un po’ di stretching al termine di uno dei suoi allenamenti extra, ha espresso un pensiero sul suo futuro cestistico e senza troppa enfasi, guardando davanti a sé la palestra vuota, ha detto “mi piacerebbe giocare in serie A”. Non era un’espressione astratta: né quella di tanti ragazzini che lo dicono sgranando gli occhi così per fantasticare un po’, né quella spocchiosa dei fenomeni che a 10 anni sono già sicuri di farcela. Nonostante l’apparenza blanda del “mi piacerebbe”, dovuto alla modestia e all’atteggiamento estremamente “schiso” del ragazzo, era un’espressione consapevole, di peso, con un senso concreto e preciso: era un obiettivo fissato e perseguibile veramente.
Tornando alla cronaca, dobbiamo aggiungere al curriculum di Alessandro due selezioni per la Next Generation Cup, la partecipazione su invito al David Moss Defense Camp e le prime due stagioni tra i senior in C silver, categoria a cui la Leonessa partecipava con la sua stessa formazione Under18.
La stagione che a questi livelli lo stava consacrando si è interrotta come per tutti gli altri a causa del Covid, ma il suo percorso non si è certo fermato: il ragazzo ha approfittato dello stop per lavorare sul suo corpo e metterlo in condizione di competere al massimo livello, irrobustendosi fino a 88 Kg, spalmati con equilibrio su un fisico che intanto si è allungato fino a 193 cm.
Dall’Agosto 2020 è in C Gold all’Olimpia Lumezzane e nel roster della serie A Pallacanestro Brescia, con cui ha esordito in Supercoppa, in Eurocup e nel massimo campionato, e con cui si allena regolarmente ogni giorno, ormai cestisticamente a suo agio in mezzo ai campioni per cui tifiamo; ogni giorno è sul campo, marcato da Moss, contrastato da Sacchetti, in difesa su Crawford; ogni giorno in mezzo a loro tira, segna, perde e ruba palla, stoppa, sbaglia: è partecipe e nel pieno del gioco, ci sta in questo contesto. Non l’abbiamo ancora visto in azione in gara, ma è lì ed è pronto; pronto a passare sulla scena operativa, di cui ha tutte le carte in regola per essere protagonista.
In casa Lions pensiamo che si sentirà parlare di lui presto e molto a lungo. Saremo sempre tra i suoi primi tifosi ed ora che è in procinto di spiccare il volo gli facciamo il nostro grandissimo in bocca al lupo. Vai Bert!